ITALIAN SPEAKING.

I sit with eight other Mistresses on a wide, celestial-bl*e velvet sofa, the soft cushions cradling our bodies with a gentleness that almost makes me sigh. My feet, finally free, breathe after hours encased in elegant bl*ck leather high-heeled shoes that click against the glossy dark wooden floor as I move through the evening. My friend Mistress organizes a Femdom dinner, a refined and flawless event, held in a room lit by silver candelabras, with white linen tablecloths draping the tables and cryst*l goblets catching the warm glow of the flames. A group of sl*ves, impeccable in their dark suits—crisp shirts unbuttoned at the collar with no ties, trousers perfectly pressed, and shoes polished to a shine—moves around me and the others like silent shadows: they cook dishes that delight the senses—creamy truffle risottos, crusted fillets emitting an intense aroma, dark chocolate desserts with glossy glazes that shimmer in the light—set the table with precise motions, serve each course with a slight bow, clear away without ever interrupting our chatter, and after dinner devote themselves to entertaining us with subtle attentions, like pouring a dark, robust drink into our goblets or lighting vanilla-scented candles that fill the air with a sweet, warm fragrance. Now that dinner is over, I settle more comfortably on the sofa. I cross my legs with a slow, deliberate motion, while some of the others lean against the padded armrests, our bodies sinking into the cool velvet. We agree to enjoy at least thirty minutes of pause, a moment of pure tranquility before diving into the play party. Soon, I’ll transform: I’ll slip into a glossy latex outfit, bl*ck with hints of red, clinging to my skin like a second nature, adorned with steel buckles and laces that weave together, hinting at a night brimming with energy. But for now, I just want to relax. Five sl*ves, still impeccable in their elegant suits—tailored jackets, shirts open at the top button, trousers without a crease—lie on the floor before us, arranged on the Persian rug in shades of crimson and gold, their faces calm and eyes lowered. I chat with the others, my voice blending with theirs in a soft, lively hum: I remark on how exquisite the risotto is, how the dark drink warms my throat, how the evening is about to take a more intense turn thanks to my friend’s brilliant idea. I deliberately ignore the five at my feet as their hands begin to massage me. I feel their fingers brush my ankles with delicacy, press into my aching heels with a pressure that melts every knot, and glide along the arch of my foot in a slow, deep rhythm. Every now and then, with an almost imperceptible nod, I guide them to use their tongues: they lap at my skin, refreshing it, erasing the sweat gathered under my soles after hours in heels. The contrast between the room’s warmth and their cool touch sends a small shiver of pleasure through me. I giggle with the others, sipping the last of my drink from the goblet resting on the glass side table next to the sofa. The air smells of b*rnt wax and a hint of musk, a scent that primes me for what’s to come. Soon, this calm will give way to the pulsing rhythm of the play party: I can already sense the sound of whips slicing through the air, mingling with the rustle of latex against skin. But for now, in this suspended moment, I revel in the silent power of being served, my body relaxed and my mind sharp, grateful to my friend for making this perfect evening possible. Io e altre otto Mistresses sediamo su un ampio divano di velluto celeste, i cuscini soffici che accolgono i nostri corpi con una dolcezza che mi fa quasi sospirare. I miei piedi, finalmente liberi, respirano dopo ore racchiusi in eleganti scarpe di pelle nera dai tacchi vertiginosi, che ticchettano sul pavimento di legno scuro lucido mentre mi muovo durante la serata. La mia amica Mistress ha organizzato una cena Femdom, un evento raffinato e impeccabile, in una sala illuminata da candelabri d’argento, con tovaglie di lino bianco che drappeggiano i tavoli e calici di cristallo che catturano la luce calda delle fiamme. Un gruppo di schiavi, perfetti nei loro completi scuri – camicie stirate con precisione, aperte al collo senza cravatta, pantaloni impeccabili e scarpe lucidate fino a splendere – si muove intorno a me e alle altre come ombre silenziose: cucinano piatti che deliziano i sensi – risotti al tartufo dalla consistenza vellutata, filetto in crosta che emana un aroma intenso, dessert al cioccolato fondente con una glassa che luccica sotto la luce – apparecchiano con gesti precisi, servono ogni portata con un leggero inchino, sparecchiano senza mai disturbare le nostre chiacchiere, e dopo cena si dedicano a intrattenerci con attenzioni discrete, come versare una bevanda scura e corposa nei calici o accendere candele profumate alla vaniglia che riempiono l’aria di un dolce calore. Ora che la cena è finita, mi sistemo meglio sul divano. Accavallo le gambe con un movimento lento, mentre alcune delle altre si appoggiano ai braccioli imbottiti, i nostri corpi che si abbandonano al velluto fresco. Decidiamo insieme di goderci almeno trenta minuti di pausa, un momento di pura tranquillità prima di tuffarci nel play party. Presto mi trasformerò: indosserò un abito di latex lucido, nero con accenni di rosso, che aderisce alla mia pelle come una seconda natura, con fibbie d’acciaio e lacci che si intrecciano, anticipando una notte carica di energia. Ma per ora, voglio solo rilassarmi. Cinque schiavi, ancora impeccabili nei loro completi eleganti – giacche dal taglio sartoriale, camicie slacciate al primo bottone, pantaloni senza una piega – si sdraiano a terra davanti a noi, disposti sul tappeto persiano dai toni cremisi e oro, i volti sereni e gli occhi abbassati. Parlo con le altre, la mia voce che si mescola alle loro in un brusio leggero: commento quanto sia stato squisito il risotto, quanto la bevanda scura mi scaldi la gola, quanto la serata stia per prendere una piega più intensa grazie all’idea geniale della mia amica. Ignoro volutamente i cinque ai miei piedi, mentre le loro mani iniziano a massaggiarmi. Sento le dita che sfiorano le mie caviglie con delicatezza, premono sui talloni indolenziti con una pressione che scioglie ogni tensione, risalgono lungo l’arco del piede in un ritmo lento e profondo. Di tanto in tanto, con un cenno quasi impercettibile, li guido a usare la lingua: lambiscono la mia pelle, rinfrescandola, eliminando il sudore che si è accumulato sotto la pianta dopo ore di tacchi. Il contrasto tra il calore della sala e il loro tocco fresco mi strappa un piccolo brivido di piacere. Ridacchio con le altre, sorseggio un ultimo goccio della mia bevanda dal calice posato sul tavolino di vetro accanto al divano. L’aria sa di cera bruciata e di un accenno di muschio, un profumo che mi prepara a ciò che verrà. Presto, questa calma lascerà spazio al ritmo incalzante del play party: sento già nell’aria il suono delle frustate che risuoneranno, mescolato al fruscio del latex contro la pelle. Ma ora, in questo momento sospeso, mi godo il potere silenzioso di essere servita, il corpo disteso e la mente pronta a tutto, grata alla mia amica per aver reso possibile questa serata perfetta.

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