PART I

Sono uscita con il mio schiavo Dominic. Era emozionato, lo vedevo nel modo in cui mi camminava accanto, sempre un passo indietro, come a riconoscere il mio ruolo. Ci siamo seduti su una panchina e, senza fretta, ho iniziato a sedurlo con piccoli gesti: un incrocio lento delle gambe, un sorriso appena accennato, lo sguardo che si fermava su di lui solo per pochi istanti, quanto bastava per farlo tremare.

Dopo qualche minuto gli ho ordinato di togliermi le scarpe. Non era una richiesta, era un comando naturale. Ho allungato i piedi verso di lui, lasciando che si chinasse con devozione. Sapevo che sarebbero stati impregnati del mio odore, caldi e sudati dopo giornate intere racchiusi negli stessi calzini. Appena l’aria fresca li ha accarezzati, l’aroma si è liberato con forza.

Dominic ha abbassato la testa, respirando senza poter sfuggire, e con voce tremante ha sussurrato che l’odore gli sembrava di aceto. Io ho sorriso, divertita e soddisfatta, osservando come anche il mio sudore riusciva a dominarlo. Non c’era bisogno di parole: era già completamente avvolto dalla mia essenza.

Dopo un po’ ci siamo alzati e siamo tornati a casa. Lì il rituale si è ripetuto: mi sono seduta comodamente e gli ho lasciato il compito di togliermi di nuovo le scarpe. Volevo che le sue mani fossero occupate solo di me, e che il mio odore riempisse ogni angolo della stanza.

Mentre si chinava ai miei piedi, ho lasciato che la casa si impregnasse del profumo intenso che emanavano. Era come marchiare il mio territorio, come lasciare il segno invisibile della mia presenza ovunque. Dominic non cercava di resistere: si abbandonava, coccolando i miei piedi come se fossero un tesoro sacro, respirando a pieni polmoni.

Io mi sono lasciata andare a quel momento, certa che niente fosse più naturale che vedere la mia essenza dominare l’aria stessa e il mio schiavo piegarsi, completamente rapito dal mio potere.

PART II

Il giorno dopo, appena sveglia, ho notato Dominic ai piedi del letto. Non riusciva a staccare gli occhi dai miei piedi, come se l’odore del giorno prima fosse rimasto inciso nella sua mente.

Si è avvicinato piano, quasi in silenzio, e si è messo al bordo del letto. Ha chinato il capo, lasciandosi guidare dall’aroma intenso che emanavano i miei piedi ancora avvolti nei calzini usati. Li ha annusati a lungo, come se fosse il suo unico respiro possibile, completamente rapito.

P*i, con devozione, ha iniziato a leccarli con attenzione, muovendosi piano, come se stesse celebrando un rito. Io restavo distesa, serena, godendomi la scena e lasciando che fosse lui a occuparsi di me, immerso nel mio odore e nella mia essenza.

Era evidente che il suo desiderio non poteva più staccarsi da me: i miei piedi erano diventati il suo centro, la sua ossessione, il suo modo di adorarmi.

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