ITALIAN SPEAKING.

It was a quiet evening, but the air carried that electric thrill you feel when something new is about to happen. My friend and I, partners in this game of control, had decided to test a new s*ssy I’d brought into our circle. He stood there by the couch, his slender frame wrapped in silk and lace that screamed submission, a stark contrast to his masculine form beneath. I loved watching him like that, knowing what was coming. We exchanged a glance, my friend and I, a silent agreement that needed no words. I walked over to the table where our tools waited: two strap-ons, sleek and commanding, the perfect symbols of who we were. We put them on slowly, deliberately, letting the sound of leather and buckles fill the room. I could feel the power swelling inside me as I fastened mine, and I saw the same spark in my friend’s eyes. The s*ssy lowered his gaze, already yielding. “Bend over the couch,” I told him, my voice steady, and he obeyed without a pause. I positioned myself behind him while my friend stood nearby, watching with a faint smile. I took him firmly, his body trembling beneath me, his muffled whimpers blending with the rhythm I set. Then we turned him around. “Open your mouth,” I said, and as he knelt, my friend joined me. We took turns, guiding him to serve us, his flushed face and glassy eyes looking up at us, his masculinity buried beneath his submission. That wasn’t enough for us. We laid him down on the floor, the cold surface pressing against his heated skin. I climbed over him, taking him in missionary, while my friend held his arms, keeping him still. I could feel him surrendering c*mpletely, his body opening up under me, and the pleasure wasn’t just physical—it was knowing we’d broken him, that he was ours. When we finished, he was spent, his breathing shallow, his body soft and motionless like a discarded doll. We looked at each other, my friend and I, satisfied. “Look at him now,” I said with a laugh, and she nodded, her eyes gleaming. The s*ssy lay there, exhausted, unable to get up. Almost playfully, I rested my feet on him, using him as a footrest, and my friend followed suit, crossing her legs casually. “Anything could fit in there now,” I remarked, nodding toward his wide-open, reddened backside. We burst into laughter together, teasing him, joking about how utterly he’d given in, his m*le pride reduced to nothing. We stayed like that, relaxed, our feet resting on his still form, savoring the moment. It had been a perfect night. Era una serata tranquilla, ma l’aria portava quell’eccitazione elettrica che senti quando sta per succedere qualcosa di nuovo. Io e la mia amica, complici in questo gioco di dominio, avevamo deciso di mettere alla prova un nuovo s*ssy che gli avevo presentato. Lui era lì, vicino al divano, il suo corpo snello avvolto in seta e pizzo che urlavano sottomissione, un contrasto netto con la sua mascolinità nascosta sotto. Mi piaceva guardarlo così, sapendo cosa stava per accadere. Ci scambiammo uno sguardo, io e lei, un’intesa silenziosa che non aveva bisogno di parole. Mi avvicinai al tavolo dove avevamo lasciato i nostri strumenti: due strapon, lucidi e imponenti, simboli perfetti di chi eravamo. Li indossammo con calma, di proposito, lasciando che il rumore del cuoio e delle fibbie riempisse la stanza. Sentivo il potere crescermi dentro mentre allacciavo il mio, e vedevo la stessa scintilla negli occhi della mia amica. Il s*ssy abbassò lo sguardo, già pronto a cedere. “Piegati sul divano,” gli dissi, la voce ferma, e lui obbedì senza esitare. Mi misi dietro di lui mentre la mia amica restava vicina, osservando con un leggero sorriso. Lo presi con decisione, il suo corpo che tremava sotto di me, i suoi gemiti soffocati che si mescolavano al ritmo che imponevo. P*i lo facemmo girare. “Apri la bocca,” gli ordinai, e mentre si inginocchiava, la mia amica si unì a me. Ci alternammo, guidandolo a servirci, il suo viso arrossato e gli occhi lucidi che ci guardavano dal basso, la sua mascolinità sepolta sotto la resa. Non ci bastava. Lo stendemmo a terra, il pavimento freddo contro la sua pelle accaldata. Mi misi sopra di lui, prendendolo in posizione del missionario, mentre la mia amica gli teneva ferme le braccia, assicurandosi che restasse immobile. Sentivo il suo corpo arrendersi del tutto, aprirsi completamente sotto di me, e il piacere non era solo fisico: era sapere che lo avevamo spezzato, che era nostro. Quando finimmo, era esausto, il respiro corto, il corpo morbido e immobile come una bambola abbandonata. Ci guardammo, io e la mia amica, soddisfatte. “Guarda com’è ridotto,” dissi ridendo, e lei annuì, gli occhi che brillavano. Il s*ssy era lì, stremato, incapace di rialzarsi. Quasi per gioco, posai i piedi su di lui, usandolo come poggiapiedi, e la mia amica mi imitò, incrociando le gambe con noncuranza. “Ormai qui ci entra di tutto,” commentai, indicando il suo fondoschiena spalancato e arrossato dall’uso. Scoppiammo a ridere insieme, prendendolo in giro, scherzando su come si fosse completamente arreso, il suo orgoglio maschile ridotto a nulla. Restammo così, rilassate, i piedi appoggiati sul suo corpo fermo, godendoci il momento. Era stata una serata perfetta.

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