ITALIAN SPEAKING.

It was a lazy March afternoon, the sun barely filtering through the curtains of the living room, casting a soft glow on the bl*ck leather couch where my friend and I had settled in. We’d decided to have some fun, to break the monotony of the day with a cruel, irresistible game. In front of us, kneeling on the rug, were our two self-proclaimed "sl*ves," already reduced to a bundle of nerves by our sharp-tongued taunts. "Look at them," I said to my friend with a smirk, crossing my legs and leaning back. "Two pathetic insects who dare to even dream of getting close to goddesses like us." She burst out laughing, tossing her hair back and taking a sip from her glass of prosecco. "Seriously," she replied, "with those tiny l*ttle things they’ve got. They don’t even deserve to meet our gaze." One of them dropped his eyes, cheeks flaming with embarrassment, while the other tried to stammer an excuse. "Silence!" I cut him off, raising a hand. "Don’t you dare speak without permission. You’re here to obey, nothing more." My friend nodded, amused, and clapped her hands like a queen issuing a command. "Since you’re worthless on your own, let’s see if you can at least entertain us together. Go on, give each other a bl*wjob. And you’d better follow our instructions exactly!" The two exchanged hesitant glances, but they knew they had no choice. With slow, clumsy movements, one edged closer to the other, while my friend and I shared a knowing look. "No, no, no," she chimed in, leaning forward with a mock-disgusted expression. "Not like that! You’ve got to put in some effort—keep a decent rhythm. Up and down, like we’ve been telling you for the last five minutes!" I added, "And you, don’t just sit there like a moron. Move your head, do something! You’re ridiculous—you can’t even manage this!" Our laughter filled the room as they stumbled through the task, tripping over their own awkwardness. "Look at them," I said between giggles, "it’s like they’ve never watched a p*rn video in their lives. Total failures!" She nodded, grabbing her phone to record a quick clip "Just so they remember who’s in charge," she said with a grin. "Faster!" I commanded, clapping my hands to set the pace. "And you, don’t make that grossed-out face—it’s the only way you can be remotely useful." We kept mocking them relentlessly, pointing out every mistake, every clumsy move, until their humiliation was practically palpable. "Know what your problem is?" I said at last, standing up from the couch to tower over them. "Not only are you pathetically small, but you don’t even know how to use what l*ttle you’ve got—not on yourselves or anyone else. You’re living disasters." My friend stood beside me, resting a hand on my shoulder. "Exactly," she added. "Now thank us for giving you a shred of attention, because without us, you’re nothing." Defeated, they mumbled a quiet "thank you" as we turned back to the couch, throwing them one last look of superiority. The afternoon had just begun, and we’d already decided their expense would fuel our amusement for a while longer. Era un pomeriggio pigro di marzo, il sole filtrava appena attraverso le tende del soggiorno, gettando una luce morbida sul divano di pelle nera dove io e la mia amica ci eravamo comodamente sistemate. Avevamo deciso di divertirci un po’, di spezzare la monotonia della giornata con un gioco crudele e irresistibile. Di fronte a noi, in ginocchio sul tappeto, c’erano i nostri due "schiavi" autoproclamati, già ridotti a un fascio di nervi dalle nostre parole taglienti. "Guardali," dissi alla mia amica con un sorrisetto, incrociando le gambe e appoggiandomi allo schienale. "Due patetici insetti che osano anche solo sognare di avvicinarsi a due Dee come noi." Lei scoppiò a ridere, buttando indietro i capelli e prendendo un sorso dal suo bicchiere di prosecco. "Davvero," rispose, "con quei cosi minuscoli che si ritrovano. Non meritano nemmeno di guardarci negli occhi." Uno dei due abbassò lo sguardo, le guance rosse per l’umiliazione, mentre l’altro cercò di balbettare una scusa. "Silenzio!" lo interruppi, alzando una mano. "Non osare parlare senza permesso. Siete qui per obbedire e basta." La mia amica annuì, divertita, e batté le mani come una regina che dà un ordine. "Visto che da soli non valete nulla, vediamo se almeno insieme potete farci ridere. Su, fatevi un pompino a vicenda. E guai a voi se non seguite le nostre istruzioni!" I due si guardarono, incerti, ma sapevano di non avere scelta. Con un gesto lento e goffo, uno si avvicinò all’altro, mentre io e la mia amica ci scambiammo un’occhiata complice. "No, no, no," intervenne lei, sporgendosi in avanti con un’espressione di finto disgusto. "Non così! Devi metterci più impegno, dai un ritmo decente. Su e giù, come ti stiamo dicendo da cinque minuti!" Io aggiunsi: "E tu, non startene lì impalato come un idiota. Muovi la testa, fai qualcosa! Siete ridicoli, non siete buoni nemmeno a questo!" Le nostre risate riempivano la stanza mentre i due cercavano di eseguire gli ordini, inciampando nella loro stessa goffaggine. "Ma guardali," dissi tra una risata e l’altra, "sembra che non abbiano mai visto un p*rno in vita loro. Due incapaci totali!" Lei annuì, prendendo il telefono per fare un video di qualche secondo – "Tanto per ricordargli chi comanda," disse con un ghigno. "Più veloce!" ordinai, battendo le mani per dare il tempo. "E tu, non fare quella faccia schifata, è l’unica cosa che puoi fare per renderti utile." Continuammo a prenderli in giro senza sosta, indicando ogni loro errore, ogni movimento sbagliato, finché il loro imbarazzo non divenne quasi tangibile. "Sapete q*al è il vostro problema?" dissi alla fine, alzandomi dal divano per guardarli dall’alto. "Non solo avete il cazzo piccolo, ma non sapete nemmeno usarlo – né su di voi né su chiunque altro. Siete un disastro vivente." La mia amica si alzò accanto a me, posandomi una mano sulla spalla. "Esatto," aggiunse. "E ora ringraziateci per avervi dato un po’ di attenzione, perché senza di noi non sareste niente." I due, sconfitti, mormorarono un "grazie" a mezza voce, mentre noi ci girammo, tornando al divano con un ultimo sguardo di superiorità. Il pomeriggio era appena iniziato, e avevamo già deciso che il nostro divertimento sarebbe continuato a loro spese.

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